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In gol senza scarpa! Matri come Leonidas da Silva e Preben Elkiaer
Alessandro Matri, Preben Larsen Elkiaer e Leonidas da Silva

Alessandro Matri, Preben Larsen Elkiaer e Leonidas da Silva

A volte nel calcio si verificano episodi talmente singolari da restare nell’immaginario collettivo a lungo. Nel nostro caso non ci vogliamo lanciare in paragoni azzardati o fuori luogo, ma ci lasciamo semplicemente stuzzicare dalla curiosità di verificare in quali altre occasioni nella storia del calcio un giocatore sia riuscito nell’impresa del tutto “accidentale” di segnare senza scarpa. E’quello che è accaduto lo scorso sabato allo Juventus Stadium, quando su cross di Arturo Vidal, Alessandro Matri calciava a colpo sicuro verso la porta difesa da Viviano perdendo però la scarpa con la quale colpiva la palla. Dubbi, perplessità vengono immediatamente spazzate via dal regolamento del “Giuoco” Calcio, secondo il quale gli scarpini costituiscono un elemento essenziale della tenuta di un giocatore, ma nel caso in cui nel corso di un azione quest’ultimo rimanga scalzo e nell’occasione riesca a segnare, quella rete è regolare. Il primo episodio che la storia ricordi risale al 1938 durante la terza edizione della Coppa del Mondo che si teneva in Francia, in particolare nel match tra Polonia e Brasile svoltosi a Strasburgo si verificò una caso analogo. Era il 5 di giugno ed il clima decisamente sereno, i polacchi sfidavano agli ottavi la nazionale brasiliana, che nel giro di poco tempo si era già portata in vantaggio. Poi però arrivò il diluvio e il campo si trasformò in un pantano mettendo così in difficoltà il calcio bailato dei brasiliani. Il biondo Willimowsky recuperò lo svantaggio portando la gara ai supplementari. Proprio per ovviare alle difficoltà del campo i brasiliani decisero di togliersi le scarpe e fu proprio così che, scalzo Leonidas da Silva, detto il “Diamante Nero” segnò la propria doppietta personale ipotecando la vittoria ed il passaggio ai quarti. Un altro episodio clamoroso si verificò nel 1950 in occasione dei Mondiali in Brasile, la quarta edizione del torneo dopo una lunga pausa di dodici anni dovuta alla II guerra mondiale. La nazionale indiana guidata dal capitano Rajani e del centroavanti Rohan, si qualificò alla competizione senza mai indossare gli scarpini in una partita ufficiale. Pertanto la Federazione che, ai tempi governava il mondo del pallone, diffidò la Nazionale Indiana all’utilizzo delle scarpe da gioco, perché contrariamente non sarebbe stata ammessa alle fasi finali del mondiale. Così fu che per tradizione o per orgoglio l’India rinunciò alla trasferta in Brasile comunicando il proprio forfait. Infine, ma non ultimo, ricordiamo il grandissimo Preben Larsen Elkjær anche detto “cavallo pazzo” o “il sindaco”, leggenda dell’Hellas Verona, di quel Verona che nella stagione 84-85 oltre al danese schierava tra le proprie file anche il tedesco Briegel ei giovani Fanna e Galderisi (prodotti del vivaio juventino). L’episodio si verificò alla quinta di campionato dove al Bentegodi arrivò la Juventus di Trapattoni. Quella era la Juve di Tardelli, Scirea, Cabrini e di un certo Platini. Le Roi rimase in panchina, salvo poi entrare nel secondo tempo quando però le redini del gioco erano tutte in mano all’Hellas e fu proprio nella seconda frazione di gioco che arrivarono prima il gol di Galderisi e poi quello del danese. A nove minuti dal termine Preben raccolse a metà campo il rilancio della difesa e dopo aver letteralmente ubriacato Pioli si involò verso la porta difesa da Tacconi segnando un gol incredibile. Nella corsa il danese perse la scarpa e pochi si accorsero subito di quel fatto che per molti ancori oggi è leggenda. Corsi e ricorsi storici, certo è che Alessandro Matri nella sua carriera potrà vantarsi di essere riuscito nell’impresa di emulare, in maniera del tutto casuale, due grandi campioni del passato. (Andrea Gatti)



La Mano de Dios. Dal caso Klose, i precedenti storici del gol di mano

Da Maradona a Klose, il gol di mano ha una sua storia affascinante che si colloca al limite tra il genio e l’antisportività.

Nello sfogliare i giornali di questi ultimi giorni ho notato come non si sia dato molto spazio alla cronaca del bel gesto compiuto da Miro Klose nella partita contro il Napoli. Credo infatti che oggi giorno sia più facile fare notizia lanciando sospetti e stigmatizzando l’antisportività di alcuni calciatori, piuttosto che dare spazio a quegli, ormai rari, casi di fair play. Meglio dunque la sana e vibrante polemica da bar, piuttosto che il messaggio, soprattutto ai giovani che lo Sport deve essere prima di tutto improntato su sani principi quali il rispetto degli avversari e dei tifosi. Ma torniamo brevemente all’episodio. La sfida andata in onda mercoledì 26 settembre tra Lazio e Napoli, vedeva affrontarsi due squadre in piena lotta per guadagnarsi il vertice della classifica. Mica bruscolini. A pochi minuti dal fischio di inizio della gara, sugli sviluppo di un calcio d’angolo il centroavanti della nazionale tedesca insacca la palla in rete, ma il gol è solo apparentemente segnato di testa, in quanto ad essere decisiva è stata una deviazione di mano dello stesso attaccante che ha anticipato l’uscita dell’estremo difensore del Napoli. I giocatori della Lazio esultano, quelli del Napoli partono immediatamente con veementi proteste all’indirizzo del direttore di gara, il quale per buona pace delle avverse tifoserie si reca da Klose rimettendogli l’ultima parola. Il resto è cronaca, Miro ammette il fattaccio e l’arbitro annulla. La Lazio perderà la partita 3-0. Il gol di mano ha una sua storia affascinante, in quanto il suo più grande interprete ed esponente è stato, niente di meno che, il Pibe de Oro Diego Armando Maradona. Immaginatevi il contesto storico. Siamo a quattro anni dalla guerra delle Falkland e l‘Argentina sfida nella fase finale della Coppa del Mondo proprio l’Inghilterra di Sua Maestà. Le due squadre si incontrano allo stadio Azteca di Città del Messico e l’episodio che è diventato leggenda si colloca sul punteggio di parità 0 a 0. Durante la fase d’attacco argentina, il calciatore inglese Steve Hodge alza un pallone a palombella in mezzo all’area di rigore, il pallone sembra facile preda per il portiere Shilton (1,85 cm), ma Dieghito stacca da terra e simulando il colpo di testa, anticipa l’uscita dell’inglese toccando la palla con la mano. Maradona esulta, l’arbitro Nasser convalida e l’Argentina vincerà il match per 2 a 1 e si candiderà a campione del mondo. Intervistato sull’evidente gol di mano, il Pibe rilascerà la seguente dichiarazione: “…un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la Mano de Dios”. La stampa inglese ancora la ricorda come la “Hand of the Devil”, la mano del Diavolo. Tanto di cappello. Da qui nasce l’uso della locuzione Mano de Dios, per indicare i gol realizzati furbescamente con gli arti superiori del corpo, mani e braccia in generale. Dopo Maradona possiamo ricordare diversi episodi partendo dal 1996 con Rapaijc in Napoli Perugia, nella stagione 2003-2004 Andrès Guglielminpietro durante Bologna – Udinese, gol festeggiato e convalidato, o ancora nel 2006 De Rossi segnò di mano nella partita tra Roma e Messina, ma in quell’occasione il romanista svelò all’arbitro l’inganno ricevendo i complimenti degli avversari e del suo mister Spalletti. Nel 2007 in un derby di fondamentale importanza contro l’Espanyol anche il marziano Lionel Messi segnò alla Maradona, nel 2008 a Gilardino il gol contro di braccio contro il Palermo costò due giornate di squalifica mentre nel 2009, nel derby meneghino, Adriano regalò all’Inter i 3 punti contro i cugini del Milan, proprio grazie al proprio gesto da pallavolista. Ma da bravi Italiani non possiamo che ricordare la grandissima beffa francese ai danni dell’Irlanda del Trap. Durante infatti il ritorno degli spareggi validi per la qualificazione alle fasi finali della Coppa del Mondo del 2010, il punteggio era di 1 a 0 per gli ospiti, punteggio che se così mantenuto avrebbe qualificato l’Irlanda. Ma a pochi minuti dal fischio finale sugli sviluppi di un’azione francese, Henry si aggiustò la palla con una mano, crossando poi verso il centro dell’area di rigore dove Gallas insaccò la rete della qualificazione transalpina, con buona pace del mister Trapattoni. (Andrea Gatti)

 



Un ventenne con più esperienza: il Trap e Irlanda-Croazia
10 giugno 2012, 12:46 PM
Filed under: L'Almanacco di TMB | Tag: , , , , ,

Stasera oltre al debutto azzurro (alle 18 contro la Spagna), scenderà in campo anche l’Irlanda di Trapattoni, l’altra fetta d’Italia presente in questo Europeo. Pronti via, il Trap ha già stabilito un record. Nato a Cusano Milanino nel 1939, è infatti il tecnico più anziano a guidare una nazionale in una manifestazione continentale. Piccolo consiglio: a lui non diteglielo! “Dicono che i vecchi non hanno più voglia di scoprire novità, io sì, quindi non sono vecchio: sono un ventenne con più esperienza, avessi 15 anni meno giocherei”. Chiaro, no?
A giocarsi il debutto nel nostro stesso girone il Trap questa sera a Poznan troverà la Croazia di Slaven Bilic, che ha 29 anni in meno. Con una nazionale non più ricca di talento come ai tempi di Boban e Davor Suker, Bilic nel 2008 fece un figurone vincendo il girone (battendo anche la Germania finalista), poi si fermò subito ai quarti contro la Turchia di Terim. Oggi la situazione è più o meno la stessa: il talento tra i croati lo si misura col contagocce e in più non è partito per l’Europeo Ivica Olic, l’unico a poter dare forza ed esperienza là davanti. I croati però sono capacissimi di exploit. Un piccolo miracolo il ct Bilic l’ha già fatto quattro anni fa e il gruppo è praticamente lo stesso (a parte la pesante assenza di Olic).
Dal canto suo il Trap punta sull’orgoglio, conscio che per lui (e il vice Tardelli) sarà durissima già stasera. Pronto a combattere, Giuàn in questi giorni ha caricato l’ambiente: “abbiamo dei supporter meravigliosi ed è vietato deluderli. Bilic si ricordi che la forza dell’Irlanda è anche mentale. Siamo una squadra forte che sta bene fisicamente, in più abbiamo fiducia in noi stessi. È bene che i croati ne tengano conto”. Coltellaccio tra i denti, Trapattoni ha anche affrontato le critiche della stampa irlandese che non ha digerito una sua scelta nelle convocazioni, chiamando McShane al posto di Foley, che pare non averla presa benissimo. “Vi ho già spiegato perché ho scelto un giocatore al posto di un altro, non voglio più parlarne. Basta”. E poi: “McShane è irlandese o straniero? Ho convocato un altro giocatore irlandese, non vedo qual’è il problema. Ho chiamato un difensore al posto di un altro”. Tutto il mondo è paese, c’est la vie Giuàn!
In campo gli irlandesi contano molto sul capitano Robbie Keane, giocatore dei Los Angeles Galaxy di Beckam che però a Gennaio è tornato in prestito in Premier League con l’Aston Villa. Quattro mesi in un campionato decisamente più impegnativo della Major League americana bastano al Trap per ritenerlo pronto, anzi la sua presenza non è mai stata messa in discussione e Trapattoni gli ha praticamente affidato la squadra: “can be our Totti”, ha dichiarato. In difesa ci sarà l’ex Manchester United (da quest’anno al Sunderland) John O’Shea, mentre per cercare vivacità sulle fasce il Trap chiederà dribbling a Damien Duff, ala del Fulham con un passato di alti e bassi al Chelsea. “Non siamo una squadra che gioca un calcio tecnicamente superiore. Siamo una squadra con determinate caratteristiche che mi piacciono molto. Non abbiamo molti giocatori creativi, ma giocatori semplici e diretti”. Proprio come lui, un “ventenne con più esperienza” nato al confine con la Brianza.
(Alberto Lucchini)


Le probabili formazioni:


IRLANDA (4-4-2): Given, O’Shea, Dunne, St Ledger, Ward, Whelan, McGeady, Andrews, Duff, Keane, Long. All. Trapattoni.
CROAZIA (4-4-2): Pletikosa, Srna, Corluka, Schildenfeld, Strinic, Rakitic, Vukojevic, Modric, Perisic, Jelavic, Mandzukic. All. Bilic.